Dalla confidenza alla consapevolezza del digitale
“La società liquida” come la definisce Zygmunt Bauman è la conseguenza di un cambiamento epocale nel quale i nostri adolescenti, i nostri giovani si trovano a crescere e a vivere. Tutti spinti da una irrefrenabile corsa che travolge qualsiasi dimensione della vita.
I giovani superano il concetto di collettività, di comunità a favore dell’individualismo. Un “io” sfrenato che togliendo spazio al dialogo, al rapporto con gli altri, al confronto, tende ad accrescere il senso di solitudine e di isolamento. A tutto ciò si aggiunge la “cultura dell’adesso” e “della fretta”. Avere tutto e subito, avere ciò che hanno gli altri, non “saziarsi” mai, perché ogni conquista materiale non è mai un traguardo, anzi rappresenta il punto di partenza per riuscire ad appagare il successivo desiderio. Ed è questo il consumismo scatenato delle nuove generazioni. L’oggetto si consuma in un tempo così limitato che non lascia spazio né alla gioia né alla consapevolezza. Quindi, nessuna soddisfazione, nessun senso di gratificazione, seppur personale ma solo ed esclusivamente una “bulimia senza scopo”.
L’aggettivo “liquido” con il quale Bauman definisce la società contemporanea e la vita dell’uomo nelle sue diverse sfaccettature: amore, affetti e paure, rende l’idea di quanto precario, instabile e senza punti di riferimento sia l’uomo contemporaneo immerso nel suo mondo.
La vita liquida è precaria. Non tende a dare sicurezza e le persone sono soggetti singoli, individui soli che corrono verso chi e verso cosa? Corrono per affermarsi. Corrono per arrivare prima. Corrono per prevaricare sull’altro, dimenticando di essere se stessi.
E la scuola? Quale il ruolo degli educatori?
Secondo Umberto Eco “si può sopravvivere alla liquidità solo rendendosi conto di vivere in una società liquida che richiede, per essere capita e forse superata, nuovi strumenti”. La scuola, dunque, quali strumenti può mettere in campo per aiutare i giovani?
La tecnologia potrebbe rappresentare una strada, anche se gli adolescenti, i giovani ne utilizzano tanta, sono immersi e sommersi dal digitale. “Smanettano”, hanno solo una confidenza tecnologica e non una consapevolezza tecnologica.
Le competenze digitali scarseggiano. I dati emersi dalla ricerca realizzata dall’University 2 Business (dicembre 2016), la società del gruppo Digital360 che promuove la cultura del digitale e dell’innovazione tra gli studenti universitari, evidenziano uno scenario che conferma la necessità di lavorare nella scuola, a partire dalla primaria, sulle competenze digitali. Per il 52% degli studenti universitari italiani l’Innovazione Digitale è il principale motore del cambiamento delle imprese; tuttavia il 53% degli studenti è ferma ad una conoscenza del mondo del digitale di livello amatoriale, da semplice utilizzatore di internet e social media. Inoltre, il divario aumenta se viene considerata la differenza di genere: il 60% delle studentesse universitarie dichiara di non possedere competenze digitali specifiche, contro il 45% dei maschi; solo il 20% sa programmare o sta imparando, contro il 43% dei colleghi.
Oggi, lo scenario è questo e se le startup cercano professionisti digitali e non li trovano è necessario lavorare con gli alunni e gli studenti per giungere al termine dei diversi cicli di studio al raggiungimento delle competenze digitali così come previsto dalle Indicazioni Nazionali.
Non chiamiamoli “nativi digitali”, ma cerchiamo di trasmettere loro che la consapevolezza dell’uso dello strumento digitale è altra cosa rispetto al gioco e al divertimento che, pur necessari alla crescita, non favoriscono l’acquisizione delle competenze.
“La competenza digitale consiste nel saper utilizzare con dimestichezza e spirito critico le tecnologie della società dell’informazione (TSI) per il lavoro, il tempo libero e la comunicazione. Essa è supportata da abilità di base nelle TIC: l’uso del computer per reperire, valutare, conservare, produrre, presentare e scambiare informazioni nonché per comunicare e partecipare a reti collaborative tramite Internet”.
La Raccomandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio del 18 dicembre 2006 relativa a competenze chiave per l’apprendimento permanente, parla chiaro: dimestichezza del mezzo, spirito critico, quindi consapevolezza, partendo dalle abilità di base. A scuola bisogna partire dalle fondamenta, ciò non vuol dire relegare il digitale all’ora di informatica, anzi, viene sottolineata la necessità che entri nel quotidiano, nella pratica di tutti i giorni.
Non estremizzare: digitale sempre, digitale ad ogni costo. Scegliere alcuni strumenti, farli aderire alla didattica ma con la consapevolezza che quando si crea una lezione con il supporto digitale, non va dimenticata la valutazione e l’intero processo valutativo comincia dal momento in cui si progetta l’attività.
BIBLIOGRAFIA
Umberto Eco “Papa Satàn Aleppe – Cronache di una società liquida” I Fari –La nave di Tesco
Nicola Cotrone “Globalizzazione e individualismo nella società liquida moderna” in Babel, n. 7 (2009) Mimesis Edizioni, Milano-Udine
Zygmunt Bauman “Vita liquida” Editori Laterza
Articolo: Franco Canna “Le competeze digitali scarseggiano anche tra i giovani (e soprattutto tra le giovani) 13 dicembre 2016 tratto da Innovation Post
Raccomandazione del Parlamento Europeo – https://goo.gl/tno0QI